I tre pescatori
La narrazione si snoda nella Mazara marinara della fine dell'Ottocento, in epoca in cui la povertà dei pescatori era drammatica e la sopravvivenza era assicurata solo dal lavoro giornaliero e la battaglia contro l'inclemenza del tempo,soprattutto nei mesi invernali era costante [...]
(tratto da Sotto il cielo di Mazara, di Salvatore Gancitano)
Ma ecco, arrivarono alla barca ancorata. Alzarono la vela e lentamente, con il cuore scuro, iniziarono un'altra giornata di sudore e di passione. Passavano davanti alla statua di San Vito, facendo un rapido segno della croce, ma quanti pensieri inviavano al loro protettore. No, per chiedere un'esistenza migliore, no, per domandare un'altra attività lavorativa, più remunerativa e meno rischiosa, no per avere una pesca abbondante. [...].
Quel giorno scelsero come zona di pesca le acque di Capo Fedo, ad una distanza tale che si vedevano fievolmente le luci della città. Dopo alcune ore trascorse nella vana ricerca di un tratto di mare pescoso, ebbero la disavventura di incontrare una spessa coltre di caldo umido anticipante la nebbia che nascondeva le barche e le luci. Ascoltavano, pertanto, in silenzio i rumori e, per evitare incidenti, mandavano segnali a voce. Neanche i gabbiani tenevano compagnia. Ma dovevano pescare lo stesso, non potevano ritornare a casa a mani vuote. Gettavano in fondo al mare la rete e dopo circa un'ora la tiravano su con la sola forza delle braccia senza prendere un solo pesce. Tentavano e ritentavano ma sembrava che il mare quel giorno avesse deciso di non dare niente ai tre pescatori, che fino all'ultimo soffio d'energia non intendevano arrendersi. Quando il sole incominciò a calare insieme all'ultimo filo d'energia, pure la volontà abbassò bandiera e i treavviliti cristiani arrancarono a riva senza un residuo di vigore da consentire di ancorare la barca. Lasciatela sulla spiaggia e, sfiniti, si abbandonarono bocconi sopra la bianca sabbia, esprimendo ognuno la propria considerazione. Il primo, mentre si lasciava cadere, con un filo di voce, sussurrò: "L'anno povero rende la vita amara". Il secondo, spossato dalla fatica, aggiunse: "E la fatica scellerata e crudele". Il terzo, il più avanti negli anni, abbattuto da questi continui travagli etribolazioni, non riusciva a trattenere il pensiero: "io che sono nato quando le acque del fiume erano trasparenti, ora, arrivato all'ultima cala della vita sono costretto a patire ancora per portare a casa solo nullità". Fradicio d'acqua, con il respiro affannato, mentre il pesante corpo cadeva sulla sabbia, in segno di resa, imprecò: "Spalancati sepoltura chè refrigerio è la morte per me".
Quel giorno portarono a casa soltanto stanchezze e sfinimenti, ma non bastarono per sfamare la famiglia. E non fu l'unica volta.
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