E' il 146 a.C. e Roma dà un ulteriore segno della sua crescente potenza conquistando la Grecia e annettendola, come provincia, al suo già vasto impero
"La Grecia conquistata conquistò il conquistatore" scrive Orazio per rendere la forte fascinazione dei romani nei confronti della cultura ellenica. Questa infatuazione li indusse a portarsi a casa un numero spropositato di opere d'arte greche per decorare fori, terme, ville e giardini. E siccome la opere originali non erano illimitate cominciarono a farsi fare copie, un numero straordinariamente elevato di copie. Ammirate e replicate erano le statue di grandi artisti. Certo, andavano per la maggiore Mirone, Fidia, Policleto, Scopa, Lisippo. Ma tra tutti il più amato dai romani fu Prassitele, il grande scultore ateniese del IV secolo avanti Cristo. Le sue statue possedevano la grazia, la dolcezza, l'eleganza, la sensualità che tanto piacevano all'aristocrazia del periodo imperiale. È l'artista dell'antichità di cui in assoluto possediamo più opere in replica, e secondo alcuni studiosi anche due-tre originali.
Eppure le sue sculture più celebri - l'Afrodite Cnidia, l'Apollo Sauroctono, l'Eros di Tespie - non sono conosciute dal grande pubblico quanto quelle di un Michelangelo, Bernini o Canova che pure tanto devono ai modelli elaborati in Grecia. Del resto le mostre si sprecano, ma quante di queste sono state dedicate ai grandi artisti dell'antichità classica? Anche se tutti con un imperdonabile ritardo, i primi ad arrivare, nel 1990, furono i tedeschi con l'esposizione monografica su Policleto a Francoforte, poi gli italiani con quella su Lisippo a Roma (1996) e oggi i francesi con una mostra interamente consacrata a Prassitele, a Parigi, Museo del Louvre (dal 23 marzo al 18 giugno 2007).
Pur non avendo bisogno di battage pubblicitario – la mostra è così eccezionale da essere comunque imperdibile – un paio di incidenti di percorso hanno fatto alzare la tensione e la carica di attesa intorno a questo evento: gli annunciati e mancati prestiti di due bronzi, uno dagli Stati Uniti, l'altro dalla Grecia. Bizzarro che si tratti di due bronzi perché Prassitele è per definizione un "marbrier" (come dicono i francesi) cioè uno scultore del marmo e a modelli marmorei dalle superfici vibranti deve tutta la sua fama. Prima la rinuncia ad ospitare l'Apollo Sauroctono ("che uccide una lucertola") conservato presso il museo americano di Cleveland, imposta dalla Grecia perché la scultura sarebbe stata al centro di traffici illegali. Per inciso, il Louvre possiede una delle copie in marmo più belle di questo celebre modello prassitelico.
In secondo luogo, la tardiva defezione proprio da parte del ministero della cultura greco che ha rinunciato a prestare l'Efebo di Maratona, che il Louvre aveva scelto per i manifesti della mostra e già inserito nel catalogo. "L'Efebo non ci sarà, tanto peggio per lui", è stata la risposta piccata di uno dei due curatori, Alain Pasquier. Lo stesso che martedì scorso, durante la presentazione alla stampa dell'esposizione, ha prestato il fianco a un'altra querelle. Satiro danzante, statua bronzea recuperata nel 1997 nelle acque di Mazara del Vallo e da alcuni considerata un originale di Prassitele. Questa volta con lo studioso Paolo Moreno, reo di aver attribuito a Prassitele il Satiro danzate, l'ormai celebre bronzo recuperato al largo di Mazara del Vallo dal peschereccio di capitan Ciccio, nel 1997. Ancora un altro bronzo al centro della discordia. La statua, che conclude il percorso della mostra al Louvre, "possiede lo sguardo estasiato del satiro che danza sfrenatamente: non può essere attribuita a Prassitele perché lontana dallo stile tipico dello scultore, che privilegiava la dolcezza e la grazia. Moreno è l'unico ad avere questa opinione", taglia corto Pasquier.
E non perde occasione per tirare acqua al mulino del museo parigino: "In mostra solo la testa monumentale del tipo Artemide Brauronia, trovata sull'Acropoli di Atene nel 1831 (ndr. ora nella collezione permanente del Louvre) ha delle concrete possibilità di essere uscita dalla scalpello del grande artista".
Il dossier evidentemente è ancora aperto, e questa è l'occasione perfetta per aggiungere nuovi tasselli. Del resto si sono messe insieme 106 opere che, lungi dall'essere tutti modelli partoriti dal genio ateniese, si ispirano alla maniera prassitelica, evocano la carriera del maestro, restituiscono il segno della contaminazione tra le sue opere e gli stili delle varie epoche successive, mettono in luce un "Prassitele talvolta sognato, spesso immaginato e che si spera finalmente ritrovato". Insomma una ricerca al Prassitele perduto.
Chi non vuole lasciarsi distrarre dalle polemiche, può concentrarsi semplicemente sulle bellezza dell'allestimento. Quello che si può ammirare nelle presenze scultoree che popolano la Hall Napoléon del Louvre è una divinità umanizzata, che rifugge dalle pose ieratiche e maestose per rifugiarsi in un molle abbandono, lasciarsi pervadere da una calma assorta e dolce, assumere un aspetto trasognato. Le figure di Prassitele – che siano dèi, satiri, efebi, eroi – sono sempre piegate languidamente su un fianco: fuori dal loro asse si appoggiano sinuosamente su un sostengo laterale. Un modello che trova la sua perfetta sintesi – o, se vogliamo pensarla come Plinio e il poeta Luciano, l'acme – nell'Afrodite Cnidia, il capolavoro assoluto dello scultore: ci si potrà meravigliare di fronte alla più bella copia in circolazione, prestata dai Musei Vaticani. La dea è completamente nuda, "fotografata" nell'istante in cui si appresta a cominciare il bagno rituale. Prassitele è il primo scultore greco che ha osato rappresentare il nudo femminile nella grande statuaria – il claim è perfetto per attirare visitatori alla mostra e per i giornali –, colui che tolse i veli al corpo muliebre. Non sarà nemmeno difficile indovinare nelle forme morbide di Afrodite quelle di Frine, l'etèra amata dall'artista e sua splendida modella: la tradizione la vuole accusata di empietà e poi assolta dai giudici grazie all'espediente di esibire il suo corpo nudo durante il processo. (di M.Metta)
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