martedì 24 novembre 2009

Sartorie artigianali

Calogero Monteleone (1870)
Detto il "Reuccio" per la somoglianza a re Vittorio Emanuele II

Calogero Monteleone nato intorno al 1870, aveva una bottega da sarto in via Roma, rinomata per i mantelli a ruota che avevano una linea sartoriale ineccepibile. Aveva diversi apprendisti-lavoranti. Vi lavoravano anche due dei suoi 4 figli, Luigi e Gaspare. 
Come ci racconta la nipote Rosetta Genna: "cucivano a mano su sgabelli di legno la cui seduta era di cordino intrecciato. Ancora oggi io ne conservo uno per ricordo. Alcuni lavori come la confezione dei pantaloni e dei gilet venivano eseguiti a casa da personale femminile : "Causinanti" e "Gileccanti".
La zia Concetta era addetta a cucire le asole. Ricordo che attiguo alla sartoria c'era un sottoscala dove veniva depositato il carbone che serviva ad alimentare il ferro da stiro sempre pronto all'uso.
Ai tempi della prima guerra mondiale, spesso per mancanza di liquidità i clienti (parrucciani) pagavano in natura con i beni da loro prodotti per cui il frumento e altri generi alimentari non mancavano mai in famiglia, anche in quei difficili momenti. La mia mamma era la minore dei 4 figli e anche lei dava il suo contributo in sartoria.
Io non ho conosciuto il nonno, ho solo memoria della nonna Vincenza, una donna austera. I miei zii, dopo la morte del nonno hanno continuato l'attività fino ai primi degli anni 60. Di tutti i nipoti, solo mio cugino da ragazzo ha lavorato in sartoria.


Sartoria del maestro Vitino Stella
Un'altra sartoria per uomo, negli anni Trenta, per uomo della nostra città fu quella del maestro sarto Vitino Stella, sita in via Porta Palermo (successivamente si trasferì in via Goti). Scoppiata la guerra il titolare venne chiamato a Palermo per cucire divise militari per le truppe. Come si usava allora alle sartorie era annesso un reparto per la vendita di stoffe da cui scegliere per poter realizzare un vestito su misura. Vi era anche una gran quantità di"mazzette" da cui scegliere altre stoffe per, eventualmente, ordinare altre fantasie non presenti in sartoria. Finita la guerra la sartoria riaprì ma si occupò solo di confezionare abiti su misura. Don Vito fu, anche, sarto della nostra famiglia fino al 1963, anno in cui passò a miglior vita. Lo ricordo per la sua professionalità e per la sua signorilità. Una gran brava persona, stimata e rimpianta dai suoi allievi e collaboratori. 

Burgio, Franco Fiordimondo, ? , Enzo Russotto, Vito Stella

Vincenzo Giuffrida, Franco Fiordimondo, Vito Stella, Enzo Russotto, e Pino Grassa (armiere, cliente)

A corollario aggiungo le notizie rilasciate dalla nipote Lilly:
Figlio di Carmine Stella, maestro bottaio, fu l’unico dei figli, credo il piu’ piccolo, a rimanere in Italia. Nei primi anni ‘20, il mio bisnonno, insieme a due dei figli, parti’ per l’America. Dopo, li raggiunsero anche le figlie, rimanendo a Mazara solo mio nonno e la madre in attesa di ottenere il visto per raggiungere i familiari a New York. Con l’avvento di Mussolini, pose limitazioni di espatrio, rilasciandolo solo a uno dei componenti. Motivo per cui, parti’ la mia bisnonna, Vita Placenti, con la speranza, per mio nonno, di raggiungerli in un momento successivo. Intanto i tempi si allungarono e mio nonno decise di sposarsi. Conobbe allora mia nonna, Luigia Serra, chiamata Luisa, con cui si sposo’ il 27 Gennaio del 1930. Circa 10 mesi dopo nacque mio padre. Intanto le restrizioni continuavano, per cui mio nonno continuo’ la sua attività commerciale e artigianale, come da lei raccontato; quando scoppio’ la guerra, mio nonno venne chiamato a Palermo per cucire le divise dei soldati. Intanto a Mazara rimase mia nonna, che non pratica del settore, si ritrovo’ con l’arrivo di un grosso carico di merce. Un po’ per onesta’, un po’ per inesperienza, presa dal timore della guerra e dell’impossibilità di pagare la merce per via della situazione grave in cui so versava con il conflitto, rimando’ la merce indietro. Seguirono tempi durissimi per lei e mio padre. Durante lo sfollamento, trovarono rifugio, se non ricordo male, nelle campagne tra Tonnarella e Petrosino, patendo la fame a più non posso. Terminata la guerra, mio nonno, trovandosi con pochissima merce in magazzino, riprese l’attività ma solo di sartoria, riuscendo a far laureare mio padre con grandissimi sacrifici. Fino a qualche anno fa, qualcuno che ancora se lo ricordava, tesseva solo onori per una persona onesta, affabile, un po’ riservata ma disponibile. Rimane a noi il ricordo di un amore immenso, misto a venerazione, da parte di mio padre e l’orgoglio di noi nipoti di avere avuto un nonno semplice ma una persona per bene. Grazie ancora dottore. Lilly Stella

Anni Sessanta - Sartoria - via Porta Palermo
Gaspare Stallone e la moglie Anna Emmola

1965 - Sartoria Merenda, via Garibaldi
Biagio Bucca, Gaetano Merenda, Salvatore Clemenza, Tommaso Foresta, Mario Giacalone




Mario Giacalone, Salvatore Clemenza, Tanino Marino, Biagio Bucca, Gaetano Merenda, Tommaso Foresta e il piccolo ospite Giuseppe Pugliese (che fu mio compagno di scuola alle Elementari)


Giovanni Foggia 23/12/1934-29/2/2009
Sarto (in seguito divenne impiegato postale)

 Sartoria Gualberti - Via Sferracavallo 

In questo stesso locale il precedessore di Antonio Gualberti, anch'egli sarto, fu Pino Adamo che in seguito emigrò in America dove svolse la medesima attività.

Come esistevano le "Mastre" per le ragazze, esisteva lu "Mastru" per i ragazzi che volevano imparare un mestiere. Questa foto, non di Mazara, ma è il tipico esempio di come si andava per apprendere, nel caso specifico il mestiere di Sarto
 


Nicolò (Cola) Gancitano: un sarto sui generis
Franco Fiordimondo, Salvatore Martino, Cola Gancitano, Federico Di Giovanni

Personaggio eclettico. Fu il primo a creare una sartoria polivalente, direi con la S maiuscola per i tempi, che fungeva da effettiva scuola e sopperiva all’assenza di Istituti Professionali che nacquero molto tempo dopo.Quell’atelier sito nel centrale corso Umberto I dava lavoro, a vario titolo, mediamente a quindici persone. Data la validità dell’iniziativa venivano a far praticantato apprendisti anche dal resto della nostra provincia. Era sagace e lungimirante, al passo con i tempi.
Per mantenere i proseliti si era ben organizzato, dava loro, oltre alla regolare paga, la possibilità di vitto e alloggio. Tra i tanti si ricordano Silvestro Mauro e Francesco Piazza, i quali affascinati dalla città vi rimasero, si sposarono e misero su famiglia. Il Piazza lavorò per quella struttura sino al raggiungimento della pensione ed oltre.
Cola, così l’ho conosciuto e così mi piace chiamarlo (me lo presentò il mio amico Gaspare Lupo; una volta mentre stavamo uscendo dall’Ospedale mi disse: Pino mi accompagni devo andare a ritirare una camicia, e così lo conobbi), intraprese l’attività di commerciante cogliendo, come un segugio, le nuove esigenze della società che andava cambiando e che richiedeva anche la vendita di capi pronti e più economici che l’industria tessile cominciava a proporre. Aprì sempre in quel sito un negozio per abbigliamento maschile, che per quel tempo era il più fornito della città e godeva del non peregrino vantaggio che poteva, a seconda delle circostanze, modificare i capi acquistati adattandoli all’esigenze anatomiche dell’acquirente. Era un vulcano d’idee, ma sempre presente e incessante nel lavoro sartoriale, che non abbandonò mai, pur svolgendo altre attività di tipo imprenditoriale; aprì infatti nella nostra spiaggia principale il primo lido balneare che chiamò “Lido Tonnarella” (in seguito ceduto e divenuto “Lido Pirata”). Ricordo a tal proposito la particolare figura di Pietro Gancitano senior suo papà che collocò a gestire quel lido, ma occorrerebbe dedicare un post a parte per parlare di lui. Pur se impegnato allo spasimo non trascurava la sua famiglia che curava con amore e dedizione. Si occupò perfino di creare un’azienda agricola, perché amava, “anche” la campagna, nella contrada di “Roccolino Soprano”. Vi impiantò un vasto e rigoglioso vigneto all’avanguardia che seguiva personalmente. Lo coadiuvavano in questa avventura due collaboratori fissi: Tonino Bellomo e Vincenzo La Rosa.
Negli anni Settanta acquistò il mitico bar Sardo (il proprietario Vito Sardo ormai avanti con gli anni aveva deciso di cedere l'attività) assieme al dr Ciccino Di Miceli (suo compare) ubicato nella centralissima piazza Mokarta, che modificarono  investendo notevoli somme per la ristrutturazione.

Fu una notevole perdita per la famiglia, ma anche per la società mazarese quando, alla “giovane” età di sessantanove anni, si spense.


Francesco Piazza (2°), Tonino Marino (1° in piedi), Vito Gallo, 


Francesco Piazza, Cola Gancitano,


Nicola Lande, Federico Di Giovanni (1939), Pino Maltese, in allo Aldo Castelli (1945)


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