Nato a Mazara del Vallo (1938). Vive a Palermo. Ha pubblicato:
PoesiaIl filobus dei giorni, Palermo, Editoriale M. A. David Malato, Quaderni del Ciclope, 1964; Un rapido celiare, Palermo, Quaderni del cormorano, 1974; Sàgana, Crotone-Palermo, Il Punto, 1976; Sàgana, con 5 acqueforti-acquetinte di Angelo Denaro, Firenze, Edigrafica, 1978; Tabes, con 4 litografie a colori di Franco Lo Cascio e uno scritto di Alfredo Todisco, Treviso, La Cave d’Arte, 1979; Sàgana/2, con 3 acqueforti–acquetinte di Angelo Denaro, Palermo, La Bottega di Hefesto, 1986; Abbandonare Troia, Forlì, Forum/Quinta Generazione, Collana “Poesia 80”, 1986; Bonsai (con 3 dediche grafiche di Nicolò D’Alessandro), Palermo, I.L.A. Palma, 1989; Sàgana e dopo, Ragusa, Cultura Duemila, 1991; Rugaciune pentru eliberatori (traduzione di Stephan Damian), Craiova, Editura Europa, 1991; La Casarca, Palermo, La Centona, 1992; Il verso di vivere, Marina di Minturno, Caramanica Editore, 1994; La porcellana più fine, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2002; Poesie a mezz’aria, Faloppio (CO), LietoColle, 2009.
Narrativa
Antimonium 14, Palermo, Quaderni del cormorano, 1967; Come un sogno incredibile – Ipotesi sul caso Nievo, Pisa, Giardini, 1980; Il ponte dell’ammiraglio e altre narrazioni, Palermo, Thule, 1986; Trittico clandestino, Siracusa, Ediprint/Arnaldo Lombardi, 1991; Quando bevea Rosmunda, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2001; I pugnalatori del 1862; Il delitto Notarbartolo in G. Mele, A. Vecchio, L. Zinna, I «Gialli » di Palermo, Palermo, Antares, 2005; Il caso Nievo – Morte di un garibaldino, Marina di Minturno, Caramanica, 2006.
Saggistica
Le antinomie del quotidiano nel Preludio di «Marionette, che passione…!» di Rosso di San Secondo, in Aa.Vv. Pier Maria Rosso di San Secondo nella letteratura italiana del Novecento (a cura di A. Pellegrino), Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1990; Il «nero» canto del cigno, in Av. Vv. Omaggio a Marino Piazzolla, vol. II, Roma, Fondazione Piazzolla, 1993; Amare pieghe di una dimensione selvaggia, in Aa.Vv. Attardi – Del corpo, nell’anima, Palermo, Kaleghè, 1998; Sicily (testo critico e antologia) in Dialect poetry of Southern Italy (a cura di L. Bonaffini), New York, Legas, 1999; Nietzsche e Kafka, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2001; Due letture dantesche, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2002; Nino De Vita e il mondo di Cutusio, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2002; Gli equilibri della poesia, Quaderni di Arenaria, Palermo, 2003; La parola e l’isola – Opere e figure del Novecento letterario siciliano – Palermo, Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici, 2007; Perbenismo e trasgressione nel “Pinocchio” di Collodi, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2008; Il mondo narrativo di Luciano Domanti. Palermo, ILA Palma, 2008; Stagioni della vita e metafore della “soglia” nel realismo radicale di Leopardi, Palermo, Quaderni di Arenaria, 2009.
Traduzioni
Paul Valéry, Il cimitero marino (con testo a fronte), in «Nuovo Romanticismo», Palermo, n°2, 1984; Pierre-Jean Jouve, Primo amore, in Une sorcière blonde – Poesie d’amore del 900 francese (a cura di A. Cappi), Editoriale Sornetti, Mantova, 1999; Guillaume Apollinaire, Il ponte Mirabeau, in «Nuovo Frontespizio», Rimini, a. XXV, n.s., n°1, giugno 2003. Traduzioni dal siciliano di testi poetici di; Giovanni Meli, Alessio Di Giovanni, Ignazio Buttitta, Santo Calì.
1990 - Palermo
Lucio Zinna, Mario Luzi
POESIE
(da “Poesie a mezz’aria”, Lieto Colle, 2009)
Per Vincenzina
Considerò ogni motivo di alterazione
immeritevole di attentare alla sua calma
operosa tenne fede ai segreti e i suoi consigli
di vaste saggezze spianarono le occasioni
che li generarono. Giungono anche a me
pacati ora che il bambino di un tempo
è divenuto un «distinto signore»
che ha trovato e smarrito la sua «mezza
età» (e i consigli dovrebbe darli lui).
Doviziosa non di denari accrebbe con azioni
non quotate in borsa le risorse del marito
assistente di farmacia facendo capitale
dell'accorta gestione domestica.
Nel dopoguerra in cui il cibo era zaffiro
e ametista — e ancora dopo — mendicanti
e clochard scandirono la sua giornata
sul battente della sua porta. Lei moltiplicò
pani e pesci (e gnocchi e mele e fagioli)
poiché nei poveri riconobbe il Cristo
(e lui la riconobbe agnello del suo gregge).
Morì povera e fu non eclatante esempio
di santità inconsapevole se non clandestina
di cui tutti s'erano accorti tranne lei
e la parrocchia frequentata al minimo influente.
Ti canonizzo io zia Vincenzina
nel dantesco «lago del cuore»
senza postulatori e avvocati del diavolo
né cerimoniali stendardi immaginette
senza nemmeno le preghiere di cui i santi
«veri» pare vadano ghiotti.
Come un Antifaust
Dagli anni cumulati nel ricordo
(a immediata percezione paiono
giorni e sono invece materia
di densa biografia) derivo –
e assaporo – questa imprevedibile
sempre incompleta messe
di esperienze (solitamente
spacciata per saggezza) incapace
di stare ai canoni a volte fastidiosa
nella gestione strategica
del quotidiano. Con cartesiane
chiarezza ed evidenza ora ri-considero
alcune intuizioni-chiave di età
adolescenziale e il resistere eroico
di giovanili ardori (poi che tende
la vita all'autotutela).
Vado confermando la convinzione
di non voler tornare indietro (ove
possibile) come un antifaust
che non ha anima da vendere
(né donare). Mi tengo com'è
questo straccio d'anima
con suoi errori risorse rimpianti
parimenti elevabili a potenza.
Centellino l'incipit di questo
declinante lasso come di primo
mattino la tazzina di caffè
o un petit di slìvovitz a cena.
Canzone Triste per un Piccolo Indifeso
Chi permette che il male biologico
e la violenza e la stupidità (la bêtise
flaubertiana) si riversino
sull'infanzia e gli indifesi?
Da quale cielo può consentirsi
lo squarcio di tenere esistenze?
Me lo chiedo ora che gli anni
non mi sono più lievi
e dovrei conoscere la risposta.
Ribollono le cronache di variegati
orrori insiste l'uomo a farsi
di se stesso nemico costruisce alibi
si fa scudo del divino per sopprimersi
pur di sopprimere.
Continua il tarlo a chiedere
quote alla nostra corporale
fragilità. Ascolto la storia
del bambino finito da una rara
forma leucemica mentre a fili
di pena luminava una speranza.
Una Via Dolorosa percorsa
da Salvatore di Roccapalumba –
scomparso all'età di cinque anni –
che attese un difficile intervento
«anche a vivo pur di guarire» –
confidò – come chi è maturato
all'algido fuoco della sofferenza.
A lui gli anni erano cresciuti addosso
correndo impazziti sul quadrante.
In quale cielo si recidono steli per farne
putti di corti celesti quale Dio creerebbe
così i suoi angeli quale Dio mio Dio?
A sussurri ci giungono strazianti responsi
dagli indifesi – fanciulli barboni passanti
animali fiori e quanti e quanti – piccole
vite accucciate nel cuore sulla ripida via
del nostro dirci «uomini». Esserlo.
POESIE
(da “Poesie a mezz’aria”, Lieto Colle, 2009)
Per Vincenzina
Considerò ogni motivo di alterazione
immeritevole di attentare alla sua calma
operosa tenne fede ai segreti e i suoi consigli
di vaste saggezze spianarono le occasioni
che li generarono. Giungono anche a me
pacati ora che il bambino di un tempo
è divenuto un «distinto signore»
che ha trovato e smarrito la sua «mezza
età» (e i consigli dovrebbe darli lui).
Doviziosa non di denari accrebbe con azioni
non quotate in borsa le risorse del marito
assistente di farmacia facendo capitale
dell'accorta gestione domestica.
Nel dopoguerra in cui il cibo era zaffiro
e ametista — e ancora dopo — mendicanti
e clochard scandirono la sua giornata
sul battente della sua porta. Lei moltiplicò
pani e pesci (e gnocchi e mele e fagioli)
poiché nei poveri riconobbe il Cristo
(e lui la riconobbe agnello del suo gregge).
Morì povera e fu non eclatante esempio
di santità inconsapevole se non clandestina
di cui tutti s'erano accorti tranne lei
e la parrocchia frequentata al minimo influente.
Ti canonizzo io zia Vincenzina
nel dantesco «lago del cuore»
senza postulatori e avvocati del diavolo
né cerimoniali stendardi immaginette
senza nemmeno le preghiere di cui i santi
«veri» pare vadano ghiotti.
Come un Antifaust
Dagli anni cumulati nel ricordo
(a immediata percezione paiono
giorni e sono invece materia
di densa biografia) derivo –
e assaporo – questa imprevedibile
sempre incompleta messe
di esperienze (solitamente
spacciata per saggezza) incapace
di stare ai canoni a volte fastidiosa
nella gestione strategica
del quotidiano. Con cartesiane
chiarezza ed evidenza ora ri-considero
alcune intuizioni-chiave di età
adolescenziale e il resistere eroico
di giovanili ardori (poi che tende
la vita all'autotutela).
Vado confermando la convinzione
di non voler tornare indietro (ove
possibile) come un antifaust
che non ha anima da vendere
(né donare). Mi tengo com'è
questo straccio d'anima
con suoi errori risorse rimpianti
parimenti elevabili a potenza.
Centellino l'incipit di questo
declinante lasso come di primo
mattino la tazzina di caffè
o un petit di slìvovitz a cena.
Canzone Triste per un Piccolo Indifeso
Chi permette che il male biologico
e la violenza e la stupidità (la bêtise
flaubertiana) si riversino
sull'infanzia e gli indifesi?
Da quale cielo può consentirsi
lo squarcio di tenere esistenze?
Me lo chiedo ora che gli anni
non mi sono più lievi
e dovrei conoscere la risposta.
Ribollono le cronache di variegati
orrori insiste l'uomo a farsi
di se stesso nemico costruisce alibi
si fa scudo del divino per sopprimersi
pur di sopprimere.
Continua il tarlo a chiedere
quote alla nostra corporale
fragilità. Ascolto la storia
del bambino finito da una rara
forma leucemica mentre a fili
di pena luminava una speranza.
Una Via Dolorosa percorsa
da Salvatore di Roccapalumba –
scomparso all'età di cinque anni –
che attese un difficile intervento
«anche a vivo pur di guarire» –
confidò – come chi è maturato
all'algido fuoco della sofferenza.
A lui gli anni erano cresciuti addosso
correndo impazziti sul quadrante.
In quale cielo si recidono steli per farne
putti di corti celesti quale Dio creerebbe
così i suoi angeli quale Dio mio Dio?
A sussurri ci giungono strazianti responsi
dagli indifesi – fanciulli barboni passanti
animali fiori e quanti e quanti – piccole
vite accucciate nel cuore sulla ripida via
del nostro dirci «uomini». Esserlo.
Nessun commento:
Posta un commento