giovedì 8 ottobre 2009

Spigolature


A la balata liscia
Vuole la tradizione mazarese che nei secoli XVII, XVIII, XIX i cittadini che non avevano onorato la restituzione di un debito, venissero sottoposti ad una condanna coram populo, davanti al popolo. Questa punizione esemplare, di verosimile derivazione normanna, “coram populo a la balata liscia”, consistente nel fare rotolare nudo il colpevole sul fondo stradale di dura pietra liscia, veniva eseguita nella discesa che va dalla Piazza Purgatorio fino alla Via Marina che costeggia la chiesa di San Nicolò Regale, davanti a due ali di folla urlante. Ne seguì un canto popolare:

“Stricà lu culu a la balata liscia
na la scinnuta di lu Piatoriu
a Santa Niculicchia mi purtaru
retti li cianchi e retti li viogna
ma la viogna mè fu na la facci”.
Ho sbattuto i glutei sulla pietra liscia,
mi condussero alla discesa del Purgatorio
fino alla chiesa di San Nicolicchia.
Ho battuto i glutei e i genitali
ma la vergogna mi è rimasta sul viso.

E’ probabile che da questo fatto del passato derivi l’espressione mazarese “va runa lu culu”, piuttosto che dare altro significato poco elegante.


Dagli scritti inediti di Filippo Napoli, pubblicati da Gianni Di Stefano
Altra condanna coram populo.
Intorno alla metà del 1800 un’ordinanza borbonica imponeva che gli aggressori e i portatori d’armi venissero sottoposti alla condanna del “cavallitto” da effettuarsi nelle piazze della città e, prevalentemente, nella Piazza Porta Palermo sempre davanti al popolo vociante. I colpevoli, a viso coperto, erano collocati e legati su un cavalletto, in posizione bocconi, e sottoposti a randellate fino allo stremo delle forze, da parte di un battitore mascherato. Eseguita la punizione coram populo, in mezzo ad una moltitudine di cittadini, il reo veniva condotto nelle locali carceri per scontare il resto della condanna.
Altre condanne, coram populo, erano eseguite nei secoli scorsi, ma, se volete, ne parleremo in altra occasione.

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