giovedì 12 aprile 2012

Spacca pietre

Mestiere duro e pesante, decisamente monotono, costringeva a restare curvi ed a battere con un pesante martello (mazzotto) su pietre di media dimensione, per ridurle a brecciame piú o meno sottile con cui pavimentare a secco i piani stradali, (lu bracciali o meglio brecciali), creando anche un piani di drenaggio. Esposto a tutte le variazioni climatiche, protetto da una paglietta o da copricapi precari (bandane, o fazzoletti annodati ai quattro lati) e di ripiego, correva costantemente il rischio di essere ferito agli occhi da inevitabili schegge o di colpire, per stanchezza, un dito della mano che teneva ferma la pietra da frantumare. Segni inequivocabili della sua fatica erano l’ingrossamento deformante del braccio che picchiava dall’alba al tramonto e la pelle del suo viso bruciata dalla canicola o dal soffio gelido della tramontana.
Pochi minuti di intervallo, a metà giornata, per consumare il modestissimo pasto portato da casa nella gavetta e per bere qualche sorso d’acqua dalla borraccia.
Il lavoro veniva ricompensato non sul tempo impiegato ma sulla quantità di brecciame prodotto, ricavata da un’apposita misura. Il lavoro era povero di una povertà non solo esteriore ma anche interiore, la foto esprime un abbrutimento non solo materiale ma anche psicologico. La realtà sociale e il futuro di quei lavoratori era segnato, anche se la nobiltà di un lavoro che, seppure modesto, è comunque, un momento di nobilitazione umana, ma socialmente poco edificante. Ci ricorreva chi era disperato o in attesa di altra occupazione, anche se, qualcuno era costretto a lavorarci a vita!

lu spaccapetri

1966 - Schiacciasassi 
Non poteva mancara a completamento dell'opera "lu scacciabalati"

Macchina munita di un pesante rullo metallico, usata nei lavori stradali per spianare la pavimentazione. (Nella foto Gaspare Tedesco)

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