Visita del presidente della repubblica in Sicilia
Incontro Istituzionale Con le Autorità
Trapani, 12 febbraio 2003Signor Presidente della Regione,
Signora Presidente della Provincia Regionale di Trapani,
Signor Sindaco di Trapani,
Onorevole Sottosegretario,
Onorevoli Parlamentari,
Eccellenza,
Autorità civili, militari e religiose,
Cari Sindaci della Provincia di Trapani,
mi tratterrò nella vostra provincia - e vi ringrazio per le cortesi parole con cui mi avete accolto - oggi e domani. Dopo Trapani, visiterò Mazara del Vallo e Marsala, centri importanti di una provincia che offre al visitatore volti molto diversi, e tutti interessanti; per non parlare delle vostre eccezionali risorse archeologiche, di Segesta e Selinunte, o di Mozia, che spero di poter visitare, o di Erice: attendiamo tutti i lavori di ripristino della funivia.
La mia permanenza nella Provincia di Trapani, come del resto tutta questa mia visita siciliana, è insolita per la sua durata: una scelta dettata, oltre che dal piacere di rivisitare luoghi già conosciuti ed amati, dal desiderio di approfondire la conoscenza della realtà siciliana, da un capo all'altro dell'isola. Come sapete, sono partito da soste a Stromboli e Catania; dopo Catania Palermo, quindi Agrigento, ed eccomi ora qui tra voi, in questo estremo lembo volto a Occidente della grande isola. La Sicilia è importante per l'Italia; l'Italia per la Sicilia.
Ho ascoltato con attenzione i discorsi con i quali mi avete accolto. Essi esprimono una forte tensione degli animi di coloro che hanno compiti di governo a diversi livelli, in una regione dove chi è responsabile della cosa pubblica, del benessere dei cittadini, del buon ordinamento della vita della comunità, si confronta costantemente con tante realtà, a cominciare dalle testimonianze di una storia tanto ricca da incutere quasi soggezione.
La grandezza della Sicilia, nelle successive incarnazioni della civiltà siciliana, dai Greci ai Romani, dagli Arabi ai Normanni, per giungere fino ai tempi nostri, con le memorie dei Mille, con il fiorire di una cultura che ha dato all'Italia alcuni dei massimi scrittori moderni, propone esempi quasi impossibili da eguagliare.
Non stupisce che qualcuno abbia qui parlato, con una immagine giustamente fantasiosa, del pericolo di "nascondere i propri limiti dietro il senso di immortalità dei siciliani". E' difficile essere non solo Siciliani, ma Italiani, o Europei, con tutto il peso di una così grande storia alle spalle, e non provare un certo senso di inadeguatezza davanti ai problemi del presente e alla statura dei nostri progenitori.
Ma non è particolarmente ricca soltanto la dialettica fra storia e realtà, fra passato e futuro, fra sogni, progetti e realizzazioni. La realtà siciliana ci offre luci e ombre: se, come qui è stato detto, il "triste fenomeno della mafia" non è stato ancora "definitivamente sconfitto", sono tuttavia stati inflitti, in tempi recenti, alla mafia, proprio in questo territorio, grazie all'abnegazione e all'impegno delle Forze dell'Ordine e della Magistratura, cui dobbiamo tutta la nostra solidarietà e gratitudine, colpi durissimi, che smentiscono l'immagine di invincibilità delle organizzazioni criminali.
Ne viene rafforzata anche la fiducia che le iniziative da voi intraprese, e di cui mi avete parlato, per il rinnovamento istituzionale, per lo sviluppo delle infrastrutture, per il potenziamento della formazione delle nuove generazioni a tutti i livelli dell'insegnamento, dai primi anni di scuola all'università, consentano alla Sicilia di uscire da una condizione di relativo ritardo a confronto di altre regioni del nostro Paese, oggi più avanzate sulla via del progresso economico.
In tutte le grandi nazioni europee, nessuna esclusa, vi sono, per una varietà di motivi, diversità anche rilevanti da regione a regione: diversità culturali, diversità nei livelli della produzione, nel grado di ammodernamento dei servizi sociali, o in quella che, con espressione avvincente e mal definibile, si suole chiamare la "qualità della vita". I mezzi di comunicazione di massa fanno sì che veniamo posti continuamente a confronto gli uni con gli altri. Questi confronti debbono stimolare i ritardatari a fare meglio, e dar loro fiducia nella possibilità di accelerare i ritmi del loro sviluppo.
Abbiamo, in tutta Europa, esempi significativi di regioni ancora di recente "sottosviluppate", che hanno saputo in tempi relativamente brevi raggiungere e superare, nella classifica del benessere economico, regioni di consolidato benessere e di più antica industrializzazione. E' stato sempre così; lo è ancor più oggi, per effetto della rapidità dei cambiamenti tecnologici o dell'evoluzione dei mercati, tanto più veloce nell'epoca della globalizzazione: un'epoca in cui non è illusione sentirsi "al centro del mondo", purché si tenga a mente che questo è un mondo di cui ogni luogo può scegliere fra essere e sentirsi"centro" o "periferia".
Gli strumenti del progresso dall'una all'altra condizione sono ovunque gli stessi, e voi ne avete correttamente indicato i più rilevanti: l'istruzione, la formazione, la ricerca, l'adeguamento delle istituzioni ai loro compiti complessi, gli investimenti nelle infrastrutture, il potenziamento delle vie di comunicazione terrestri, marittime o aeree; e la lotta dura contro la malavita organizzata, che rappresenta un ostacolo fra i più gravi allo sviluppo non soltanto civile ma economico del territorio.
Alle responsabilità della società civile, dei ceti produttivi e delle loro organizzazioni, si affiancano quelle delle istituzioni di governo, e della loro capacità di corrispondere alle attese della cittadinanza. E' stata qui sottolineata l'importanza della scelta fatta dal nostro Paese di realizzare l'ambizioso progetto di un nuovo "federalismo solidale". Sono state manifestate anche alcune comprensibili incertezze - la posta in giuoco è alta - sugli esiti delle riforme intraprese.
Sottolineo - e non ho in mente soltanto la Sicilia - che esse meritano di essere poste sempre più al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, e del dibattito politico: più di quanto già non lo siano. Sono in giuoco decisioni da cui dipende in misura rilevante il nostro futuro. E' difficile giudicare se altri temi di dibattito, oggetto di intense polemiche politiche, siano più importanti di questo.
Di un modello di organizzazione di tipo federale lo statuto siciliano - che oggi vi proponete di modificare, in modi ancora da definire, per meglio armonizzarlo col nuovo quadro istituzionale - offre un esempio significativo.
La storia dell'autonomia siciliana può esserci di ammaestramento, anche perché ci dice che il conferimento di più ampi poteri di governo a tutte le regioni, e non soltanto a quelle a statuto speciale, può sì dare buoni frutti, ma non è di per sé, in ogni momento e in ogni circostanza, una panacea.
Si pongono ugualmente, e in misura forse ancora maggiore che in passato, problemi di coordinamento e cooperazione fra il governo centrale e i poteri locali, come fra i vari livelli di governo locale: Regioni, Province, Comuni. Occorre sapersi adattare a quel principio di sussidiarietà che (anche nel sistema di rapporti fra gli Stati nazionali e l'Unione Europea) giustamente nega agli organi di livello più elevato di appropriarsi di compiti che meglio sarebbero svolti a un livello più basso, più vicino ai cittadini. I cittadini, prima fonte di ogni potere, sono i primi a giovarsi o dolersi delle scelte di governo, giuste o sbagliate, degli amministratori, e i migliori giudici del loro operato.
Il cittadino siciliano, o di qualsiasi altra regione, sa che il suo benessere dipende, oltre che da lui medesimo, dalle sue capacità e dalla sua operosità, dalle scelte compiute in una molteplicità di sedi del potere, che sono anche fonti potenziali di finanziamento per quegli investimenti "infrastrutturali" di più vaste dimensioni che non possono essere realizzati facendo ricorso soltanto alle risorse locali.
Comprensibilmente, per gli amministratori non è sempre facile orientarsi nella complessa articolazione, ancora in fase di evoluzione e di definizione, delle competenze e delle funzioni. La formazione e l'aggiornamento di nuove generazioni di funzionari e di amministratori diviene così una priorità affidata in primo luogo alla cura degli istituti di livello universitario; una priorità essenziale per il buon funzionamento delle istituzioni di governo della nostra democrazia.
Ho apprezzato la consapevolezza della complessità dei problemi che gli amministratori debbono affrontare per il benessere della Sicilia, che è emersa dagli interventi che ho ascoltato oggi a Trapani, come ieri ad Agrigento. Anche qui mi propongo di avere ulteriori, necessarie occasioni di approfondimento di questi temi. Voglio assicurarvi che la mia attenzione ai problemi della Sicilia, come di altre regioni egualmente coinvolte in un impegnativo inseguimento del plotone di testa nel grande certame del benessere, è e rimarrà altissima. La Sicilia è e rimarrà al centro dei miei pensieri.
L'esperienza compiuta in questi anni, quale essa emerge dal grandissimo numero di incontri che ho potuto avere, a Roma come in tutte le regioni d'Italia, ha rafforzato in me alcune convinzioni, che mi sembrano largamente condivise dalla cittadinanza, come dalle forze politiche, indipendentemente dal loro orientamento e collocazione.
E' evidente che l'interesse generale del Paese non consente che siano ignorate le maggiori esigenze delle regioni meno favorite; non consente che di ciò non si tenga conto nella allocazione del volume degli investimenti di tipo strutturale: nella scuola, nella formazione a livello superiore, nelle vie di comunicazione, nella cura della salute, nell'impegno posto dalle istituzioni preposte al mantenimento dell'ordine pubblico e del rispetto della legge. Non possiamo tollerare, non intendiamo tollerare, che vi sia un'Italia di serie A e una condannata alla serie B. Posso assicurarvi che di ciò sono convinti anche i cittadini delle regioni a più alto livello di reddito del nostro Paese.
A volte, lo stesso successo rischia di diventare soffocante: attenua gli stimoli istintivi all'innovazione, soffre della ristrettezza di spazi, della carenza di manodopera, dell'inadeguatezza di infrastrutture sempre in ritardo sulle esigenze di società in forte crescita.
Questo non vale soltanto per l'Italia, è ancor più vero per alcune delle nazioni europee di più antica industrializzazione. Una tale condizione rende consapevoli dei vantaggi offerti dalle regioni che offrono spazi più vasti, e una popolazione più giovane, a buon livello di istruzione, più inquieta e più desiderosa di dar prova della sua volontà di lavoro e delle sue capacità di iniziativa. Ho incontrato e continuo a incontrare questi giovani animati da questi sentimenti in tutte le regioni d'Italia, particolarmente là dove più forte è la consapevolezza che vi sono dei ritardi da colmare; e dove, soprattutto, è più elevato il tasso di disoccupazione, e più diffusa la piaga, che voi avete denunciato, del lavoro nero. E' duro, per i giovani, dover lasciare la terra natia per trovar lavoro.
Noi abbiamo oggi i mezzi, perché siamo uno dei Paesi del mondo a più alto reddito, per accelerare i processi di convergenza verso l'alto di tutte le regioni d'Italia. Che ciò richieda una ferma volontà di collaborazione fra lo stato centrale e le regioni, come fra regioni diverse del Nord, del Centro e del Sud, è fin troppo evidente.
Ma è importante che si stiano palesando segni significativi dell'affermarsi su più vasta scala di tali convincimenti, in un'Italia che appare oggi sempre più unita, forse più di quanto sia mai stata in passato: unita nel linguaggio, unita nei modelli culturali, unita nella definizione dei valori fondanti di una moderna democrazia, unita nel riconoscersi nei principali momenti di scelta della nostra storia, dal Risorgimento fino alla nascita della democrazia repubblicana.
Talune eccessive asprezze del dibattito politico non traggano in inganno. Esse possono forse offuscare, ma non cancellare, quella che è l'unità sostanziale, e la realtà operosa, dell'Italia democratica, all'alba del nuovo secolo.
In questa Italia, Paese fondatore dell'Unione Europea, avamposto dell'Europa verso il Sud del mondo, la posizione della Sicilia è di importanza strategica. Che ciò dia dei frutti dipenderà anche, o meglio soprattutto, da voi Siciliani.
Non lasciatevi deprimere dal confronto tra le glorie di una lunghissima storia e talune miserie del tempo presente. Attingete ai valori che la vostra civiltà vi propone. Abbiate fiducia nell'Italia e nell'Europa. Abbiate fiducia in voi stessi.
Auguro a tutti voi buon lavoro. Viva la Sicilia. Viva l'Italia. Viva l'Europa unita.
Cari Sindaci della Provincia di Trapani,
mi tratterrò nella vostra provincia - e vi ringrazio per le cortesi parole con cui mi avete accolto - oggi e domani. Dopo Trapani, visiterò Mazara del Vallo e Marsala, centri importanti di una provincia che offre al visitatore volti molto diversi, e tutti interessanti; per non parlare delle vostre eccezionali risorse archeologiche, di Segesta e Selinunte, o di Mozia, che spero di poter visitare, o di Erice: attendiamo tutti i lavori di ripristino della funivia.
La mia permanenza nella Provincia di Trapani, come del resto tutta questa mia visita siciliana, è insolita per la sua durata: una scelta dettata, oltre che dal piacere di rivisitare luoghi già conosciuti ed amati, dal desiderio di approfondire la conoscenza della realtà siciliana, da un capo all'altro dell'isola. Come sapete, sono partito da soste a Stromboli e Catania; dopo Catania Palermo, quindi Agrigento, ed eccomi ora qui tra voi, in questo estremo lembo volto a Occidente della grande isola. La Sicilia è importante per l'Italia; l'Italia per la Sicilia.
Ho ascoltato con attenzione i discorsi con i quali mi avete accolto. Essi esprimono una forte tensione degli animi di coloro che hanno compiti di governo a diversi livelli, in una regione dove chi è responsabile della cosa pubblica, del benessere dei cittadini, del buon ordinamento della vita della comunità, si confronta costantemente con tante realtà, a cominciare dalle testimonianze di una storia tanto ricca da incutere quasi soggezione.
La grandezza della Sicilia, nelle successive incarnazioni della civiltà siciliana, dai Greci ai Romani, dagli Arabi ai Normanni, per giungere fino ai tempi nostri, con le memorie dei Mille, con il fiorire di una cultura che ha dato all'Italia alcuni dei massimi scrittori moderni, propone esempi quasi impossibili da eguagliare.
Non stupisce che qualcuno abbia qui parlato, con una immagine giustamente fantasiosa, del pericolo di "nascondere i propri limiti dietro il senso di immortalità dei siciliani". E' difficile essere non solo Siciliani, ma Italiani, o Europei, con tutto il peso di una così grande storia alle spalle, e non provare un certo senso di inadeguatezza davanti ai problemi del presente e alla statura dei nostri progenitori.
Ma non è particolarmente ricca soltanto la dialettica fra storia e realtà, fra passato e futuro, fra sogni, progetti e realizzazioni. La realtà siciliana ci offre luci e ombre: se, come qui è stato detto, il "triste fenomeno della mafia" non è stato ancora "definitivamente sconfitto", sono tuttavia stati inflitti, in tempi recenti, alla mafia, proprio in questo territorio, grazie all'abnegazione e all'impegno delle Forze dell'Ordine e della Magistratura, cui dobbiamo tutta la nostra solidarietà e gratitudine, colpi durissimi, che smentiscono l'immagine di invincibilità delle organizzazioni criminali.
Ne viene rafforzata anche la fiducia che le iniziative da voi intraprese, e di cui mi avete parlato, per il rinnovamento istituzionale, per lo sviluppo delle infrastrutture, per il potenziamento della formazione delle nuove generazioni a tutti i livelli dell'insegnamento, dai primi anni di scuola all'università, consentano alla Sicilia di uscire da una condizione di relativo ritardo a confronto di altre regioni del nostro Paese, oggi più avanzate sulla via del progresso economico.
In tutte le grandi nazioni europee, nessuna esclusa, vi sono, per una varietà di motivi, diversità anche rilevanti da regione a regione: diversità culturali, diversità nei livelli della produzione, nel grado di ammodernamento dei servizi sociali, o in quella che, con espressione avvincente e mal definibile, si suole chiamare la "qualità della vita". I mezzi di comunicazione di massa fanno sì che veniamo posti continuamente a confronto gli uni con gli altri. Questi confronti debbono stimolare i ritardatari a fare meglio, e dar loro fiducia nella possibilità di accelerare i ritmi del loro sviluppo.
Abbiamo, in tutta Europa, esempi significativi di regioni ancora di recente "sottosviluppate", che hanno saputo in tempi relativamente brevi raggiungere e superare, nella classifica del benessere economico, regioni di consolidato benessere e di più antica industrializzazione. E' stato sempre così; lo è ancor più oggi, per effetto della rapidità dei cambiamenti tecnologici o dell'evoluzione dei mercati, tanto più veloce nell'epoca della globalizzazione: un'epoca in cui non è illusione sentirsi "al centro del mondo", purché si tenga a mente che questo è un mondo di cui ogni luogo può scegliere fra essere e sentirsi"centro" o "periferia".
Gli strumenti del progresso dall'una all'altra condizione sono ovunque gli stessi, e voi ne avete correttamente indicato i più rilevanti: l'istruzione, la formazione, la ricerca, l'adeguamento delle istituzioni ai loro compiti complessi, gli investimenti nelle infrastrutture, il potenziamento delle vie di comunicazione terrestri, marittime o aeree; e la lotta dura contro la malavita organizzata, che rappresenta un ostacolo fra i più gravi allo sviluppo non soltanto civile ma economico del territorio.
Alle responsabilità della società civile, dei ceti produttivi e delle loro organizzazioni, si affiancano quelle delle istituzioni di governo, e della loro capacità di corrispondere alle attese della cittadinanza. E' stata qui sottolineata l'importanza della scelta fatta dal nostro Paese di realizzare l'ambizioso progetto di un nuovo "federalismo solidale". Sono state manifestate anche alcune comprensibili incertezze - la posta in giuoco è alta - sugli esiti delle riforme intraprese.
Sottolineo - e non ho in mente soltanto la Sicilia - che esse meritano di essere poste sempre più al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, e del dibattito politico: più di quanto già non lo siano. Sono in giuoco decisioni da cui dipende in misura rilevante il nostro futuro. E' difficile giudicare se altri temi di dibattito, oggetto di intense polemiche politiche, siano più importanti di questo.
Di un modello di organizzazione di tipo federale lo statuto siciliano - che oggi vi proponete di modificare, in modi ancora da definire, per meglio armonizzarlo col nuovo quadro istituzionale - offre un esempio significativo.
La storia dell'autonomia siciliana può esserci di ammaestramento, anche perché ci dice che il conferimento di più ampi poteri di governo a tutte le regioni, e non soltanto a quelle a statuto speciale, può sì dare buoni frutti, ma non è di per sé, in ogni momento e in ogni circostanza, una panacea.
Si pongono ugualmente, e in misura forse ancora maggiore che in passato, problemi di coordinamento e cooperazione fra il governo centrale e i poteri locali, come fra i vari livelli di governo locale: Regioni, Province, Comuni. Occorre sapersi adattare a quel principio di sussidiarietà che (anche nel sistema di rapporti fra gli Stati nazionali e l'Unione Europea) giustamente nega agli organi di livello più elevato di appropriarsi di compiti che meglio sarebbero svolti a un livello più basso, più vicino ai cittadini. I cittadini, prima fonte di ogni potere, sono i primi a giovarsi o dolersi delle scelte di governo, giuste o sbagliate, degli amministratori, e i migliori giudici del loro operato.
Il cittadino siciliano, o di qualsiasi altra regione, sa che il suo benessere dipende, oltre che da lui medesimo, dalle sue capacità e dalla sua operosità, dalle scelte compiute in una molteplicità di sedi del potere, che sono anche fonti potenziali di finanziamento per quegli investimenti "infrastrutturali" di più vaste dimensioni che non possono essere realizzati facendo ricorso soltanto alle risorse locali.
Comprensibilmente, per gli amministratori non è sempre facile orientarsi nella complessa articolazione, ancora in fase di evoluzione e di definizione, delle competenze e delle funzioni. La formazione e l'aggiornamento di nuove generazioni di funzionari e di amministratori diviene così una priorità affidata in primo luogo alla cura degli istituti di livello universitario; una priorità essenziale per il buon funzionamento delle istituzioni di governo della nostra democrazia.
Ho apprezzato la consapevolezza della complessità dei problemi che gli amministratori debbono affrontare per il benessere della Sicilia, che è emersa dagli interventi che ho ascoltato oggi a Trapani, come ieri ad Agrigento. Anche qui mi propongo di avere ulteriori, necessarie occasioni di approfondimento di questi temi. Voglio assicurarvi che la mia attenzione ai problemi della Sicilia, come di altre regioni egualmente coinvolte in un impegnativo inseguimento del plotone di testa nel grande certame del benessere, è e rimarrà altissima. La Sicilia è e rimarrà al centro dei miei pensieri.
L'esperienza compiuta in questi anni, quale essa emerge dal grandissimo numero di incontri che ho potuto avere, a Roma come in tutte le regioni d'Italia, ha rafforzato in me alcune convinzioni, che mi sembrano largamente condivise dalla cittadinanza, come dalle forze politiche, indipendentemente dal loro orientamento e collocazione.
E' evidente che l'interesse generale del Paese non consente che siano ignorate le maggiori esigenze delle regioni meno favorite; non consente che di ciò non si tenga conto nella allocazione del volume degli investimenti di tipo strutturale: nella scuola, nella formazione a livello superiore, nelle vie di comunicazione, nella cura della salute, nell'impegno posto dalle istituzioni preposte al mantenimento dell'ordine pubblico e del rispetto della legge. Non possiamo tollerare, non intendiamo tollerare, che vi sia un'Italia di serie A e una condannata alla serie B. Posso assicurarvi che di ciò sono convinti anche i cittadini delle regioni a più alto livello di reddito del nostro Paese.
A volte, lo stesso successo rischia di diventare soffocante: attenua gli stimoli istintivi all'innovazione, soffre della ristrettezza di spazi, della carenza di manodopera, dell'inadeguatezza di infrastrutture sempre in ritardo sulle esigenze di società in forte crescita.
Questo non vale soltanto per l'Italia, è ancor più vero per alcune delle nazioni europee di più antica industrializzazione. Una tale condizione rende consapevoli dei vantaggi offerti dalle regioni che offrono spazi più vasti, e una popolazione più giovane, a buon livello di istruzione, più inquieta e più desiderosa di dar prova della sua volontà di lavoro e delle sue capacità di iniziativa. Ho incontrato e continuo a incontrare questi giovani animati da questi sentimenti in tutte le regioni d'Italia, particolarmente là dove più forte è la consapevolezza che vi sono dei ritardi da colmare; e dove, soprattutto, è più elevato il tasso di disoccupazione, e più diffusa la piaga, che voi avete denunciato, del lavoro nero. E' duro, per i giovani, dover lasciare la terra natia per trovar lavoro.
Noi abbiamo oggi i mezzi, perché siamo uno dei Paesi del mondo a più alto reddito, per accelerare i processi di convergenza verso l'alto di tutte le regioni d'Italia. Che ciò richieda una ferma volontà di collaborazione fra lo stato centrale e le regioni, come fra regioni diverse del Nord, del Centro e del Sud, è fin troppo evidente.
Ma è importante che si stiano palesando segni significativi dell'affermarsi su più vasta scala di tali convincimenti, in un'Italia che appare oggi sempre più unita, forse più di quanto sia mai stata in passato: unita nel linguaggio, unita nei modelli culturali, unita nella definizione dei valori fondanti di una moderna democrazia, unita nel riconoscersi nei principali momenti di scelta della nostra storia, dal Risorgimento fino alla nascita della democrazia repubblicana.
Talune eccessive asprezze del dibattito politico non traggano in inganno. Esse possono forse offuscare, ma non cancellare, quella che è l'unità sostanziale, e la realtà operosa, dell'Italia democratica, all'alba del nuovo secolo.
In questa Italia, Paese fondatore dell'Unione Europea, avamposto dell'Europa verso il Sud del mondo, la posizione della Sicilia è di importanza strategica. Che ciò dia dei frutti dipenderà anche, o meglio soprattutto, da voi Siciliani.
Non lasciatevi deprimere dal confronto tra le glorie di una lunghissima storia e talune miserie del tempo presente. Attingete ai valori che la vostra civiltà vi propone. Abbiate fiducia nell'Italia e nell'Europa. Abbiate fiducia in voi stessi.
Auguro a tutti voi buon lavoro. Viva la Sicilia. Viva l'Italia. Viva l'Europa unita.
Cine Teatro Rivoli in attesa del presidente
L'addobbo
via Nicolò Tortorici
L'arrivo al Teatro Rivoli
L'entrata al teatro con il sindaco Nicolò Vella
il deputato dell'Assemblea Regionale Nicolò Cristaldi
Franca Pilla Ciampi
Mons. Calogero La Piana (vescovo dal 2002 al 2006), l'on. Giuseppe Bongiorno
Vincenzo Asaro, Grillo, Emanuele Cristaldi
Giuseppe Di Stefano
Gancitano
Discorso ufficiale del primo cittadino
Nicolò Vella
Il presidente della Regione Siciliana on. Totò Cuffaro, il sen. Antonio D'Alì
Franca Pilla Ciampi, on. Toto Cuffaro, sen. Antonio D'Alì, on. Giulia Adamo,
Il presidente sul palco
il discorso ufficiale
Intervento di Amira una giovane magerbina
Intervento di un giovane