lunedì 28 gennaio 2008
sabato 19 gennaio 2008
Inno di Mazara
Và canto pieno di allegria,
dove c’è il sol, il nostro sole d’oc.
Và musica di poesia,
porta con te, sempre con te, l’amor.
Son note ricche d’armonia,
che noi doniam, che noi cantiam a te.
Và canto d’amore, và
Con la felicità che noi sentiamo in cuor
La canzone del tuo mar,
che tutti fa vibrar
di gran passione per te
Mazara del Vallo,
col tuo nobile stemma normanno,
cantiamo, cantiamo,
le tue gesta, la gloria che fu.
Portiamo nel petto
Una fede che buoni ci fa;
là, nel tempio sacro, là,
l’Immacolata sta per noi sempre a vegliar,
c’è San Vito in quell’altar,
che vigila a pregar da Santo Protettor.
Viva Mazara, Mazara del Vallo!
L' inno venne realizzato dal prof. Vittorio Trieste Giarratana su commissione di alcuni emigrati in San Diego di California. I delegati del "Mazara del Vallo Club", tra cui il vice presidente pro tempore Leonardo Ingrande, affidarono il compito di realizzare, dirigere i lavori e sovrintendere all'incisione del brano al musicista nisseno.
Il maestro nacque a Caltanissetta, si laureò al Conservatorio di Musica di Palermo e acquisì un master in pianoforte e violino. Inoltre conseguì una laurea in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Laurea ad honorem in Filosofia, Letteratura e Storia all'Università Cattolica di Milano. Ebbe tanti successi professionali e nel 1962 giunse negli Stati Uniti d'America con un contratto con "Metropolitan Opera House"- Successivamente fu direttore del dipartimento operistico dell'università statale di New York, fino a quando non si trasferì presso l'università californiana di Los Angeles.
Tratto da Mazara "Le nostre origini"
Và canto pieno di allegria,
dove c’è il sol, il nostro sole d’oc.
Và musica di poesia,
porta con te, sempre con te, l’amor.
Son note ricche d’armonia,
che noi doniam, che noi cantiam a te.
Và canto d’amore, và
Con la felicità che noi sentiamo in cuor
La canzone del tuo mar,
che tutti fa vibrar
di gran passione per te
Mazara del Vallo,
col tuo nobile stemma normanno,
cantiamo, cantiamo,
le tue gesta, la gloria che fu.
Portiamo nel petto
Una fede che buoni ci fa;
là, nel tempio sacro, là,
l’Immacolata sta per noi sempre a vegliar,
c’è San Vito in quell’altar,
che vigila a pregar da Santo Protettor.
Viva Mazara, Mazara del Vallo!
L' inno venne realizzato dal prof. Vittorio Trieste Giarratana su commissione di alcuni emigrati in San Diego di California. I delegati del "Mazara del Vallo Club", tra cui il vice presidente pro tempore Leonardo Ingrande, affidarono il compito di realizzare, dirigere i lavori e sovrintendere all'incisione del brano al musicista nisseno.
Il maestro nacque a Caltanissetta, si laureò al Conservatorio di Musica di Palermo e acquisì un master in pianoforte e violino. Inoltre conseguì una laurea in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Laurea ad honorem in Filosofia, Letteratura e Storia all'Università Cattolica di Milano. Ebbe tanti successi professionali e nel 1962 giunse negli Stati Uniti d'America con un contratto con "Metropolitan Opera House"- Successivamente fu direttore del dipartimento operistico dell'università statale di New York, fino a quando non si trasferì presso l'università californiana di Los Angeles.
Tratto da Mazara "Le nostre origini"
sabato 12 gennaio 2008
Messiscena di Rossetto
1969
Gioco drammatico in tre movimenti di Luigi Burzotta presso il "Teatro 2" di Mazara del Vallo con Piero Adelendi, Vera Mannone, Maria Pia Sammartano, Salvatore Giacalone e Nicola Cristaldi Regia di Piero Adelendi
"Una compagnia di giovani attori, nel teatro di una piccola città, sta lavorando su un’ipotesi sperimentale per la messinscena dell’opera, tra le più complesse del teatro di Pirandello, “Ciascuno a suo modo”, quando, l’ora solita per la prova, giunge la notizia che uno di loro, durante la notte si è tolto la vita nella casa di campagna, sparandosi un colpo al petto con la doppietta da caccia. Alla costernazione per la sorpresa e al pianto immediato per il dolore della perdita si aggiungono nei giorni seguenti, lo smarrimento di fronte al mistero del movente e lo strazio per i particolari del tragico evento. Giovanni è stato trovato, nella spoglia saletta, riverso su una poltroncina rustica, di fronte a un grosso tavolo con il calcio del fucile ancora incastrato nel suo cassetto. Un po’ discosto, un grammofono girava a vuoto con il braccio sul disco a fine corsa. Il colletto della sua camicia bianca, devastata dallo sparo e intrisa di sangue, presentava, curiosamente, tracce di rossetto.
Dopo alcuni giorni di arresto delle prove, pur nel comprensibile sbigottimento i giovani continuando tuttavia a incontrarsi nel teatro, per uscire dalla comprensibile paralisi, l’unico estraneo alle dinamiche affettive del gruppo, perché aggiunto di recente alla compagnia, il regista venne fuori con una proposta pirandelliana. Sostituire il fatto di cronaca al centro dell’opera che stavano provando, con il fatto di cronaca che loro stessi stavano vivendo e che li interrogava fino alle radici del proprio stesso essere. L’idea era di giocare sulla scena la complessità dei rapporti che animavano i membri del gruppo riguardo al loro comune amico, che aveva costituito l’elemento collante della coesione, l’anello principale, a volte anche l’unico, cui era legato ciascuno degli altri nella compagnia teatrale.
Per dar inizio al nuovo esperimento, bastava fissare alcune regole per il dispositivo, di cui lo stesso regista avrebbe sorvegliato il rispetto. Agire sul palcoscenico senza mai nominarlo, come se un pubblico fosse sempre presente a esigere l’osservanza della finzione scenica. Non fare più alcun cenno al macabro ritrovamento, e tenere presente Giovanni solo per l’incidenza che aveva nei loro reciproci sentimenti. Mimare sul palco e sulla passerella, come in una danza, ogni loro possibile rapporto, in un’azione scenica dalla quale egli stesso si sarebbe astenuto dall’intervenire direttamente. Il suo compito sarebbe stato quello di supporto tecnico per prevenire le esigenze legate alla scena, giovandosi dell’aiuto del custode, che si sarebbe prestato come macchinista, per gestire le luci, la musica,rumori compresi, e approntare quant’altro avrebbe richiesto, secondo il suo giudizio e a ogni momento, l’azione. Questa infine era concordata, preventivamente, solo per sommi capi e senza nemmeno stendere un brogliaccio, lasciando così ogni sviluppo al caso e al dettato dei dialoghi, che sarebbero sorti spontaneamente."
Salvatore Giacalone, Nicola Cristaldi, Pietro Adelendi
Maria Pia sammartano, Vera Mannone, Salvatore Giacalone, Nicola Cristaldi
mercoledì 9 gennaio 2008
San Giovanni decollato
Trama: Mastro Agostino Miciacio è un portiere e ciabattino napoletano che venera un dipinto raffigurante un'immagine di San Giovanni Battista decollato. Agostino ha l'abitudine di parlare con l'immagine sacra e di tenere acceso un lumino a olio presso l'immagine stessa in segno di devozione. Ogni notte però l'olio sparisce. La devozione del portiere è tale da spingerlo a fare anche dei festeggiamenti che per la loro rumorosità gli tirano addosso le ire dei vicini e della sua famiglia; viene processato e poi assolto per semi-infermità mentale.
Il guappo Don Peppino vorrebbe imporre ad Agostino le nozze fra Serafina, figlia di quest'ultimo, e Orazio, un lampionaio suo protetto: ma Serafina rifiuta categoricamente e assieme al suo innamorato, un giovane studente, fugge dai nonni di lui nel paese di Montebello Siculo, in Sicilia. Li raggiungeranno Agostino con la moglie Concetta e sarà proprio durante le nozze dei due giovani che Agostino scaccerà Don Peppino riuscendo anche a scoprire che era proprio lui il ladro di olio del lumino di San Giovanni che lui aveva preso a calci. La famiglia è finalmente riappacificata e riunita sotto l'immagine del Santo, che arriva al punto di accordare ad Agostino, sia pure temporaneamente, la "grazia" di rendere muta la petulante Concetta.
Il guappo Don Peppino vorrebbe imporre ad Agostino le nozze fra Serafina, figlia di quest'ultimo, e Orazio, un lampionaio suo protetto: ma Serafina rifiuta categoricamente e assieme al suo innamorato, un giovane studente, fugge dai nonni di lui nel paese di Montebello Siculo, in Sicilia. Li raggiungeranno Agostino con la moglie Concetta e sarà proprio durante le nozze dei due giovani che Agostino scaccerà Don Peppino riuscendo anche a scoprire che era proprio lui il ladro di olio del lumino di San Giovanni che lui aveva preso a calci. La famiglia è finalmente riappacificata e riunita sotto l'immagine del Santo, che arriva al punto di accordare ad Agostino, sia pure temporaneamente, la "grazia" di rendere muta la petulante Concetta.
Autore
Luigi Pirandello (1867/1937)
I giovani liceali dopo le esperienze teatrali delle commedie di fine anno, spesso costituivano delle piccole compagnie amatoriali che duravano, ad onor del vero davvero poco, perchè gli impegni universitari (di solito) impedivano il proseguimento di tali attività. Ma per un certo periodo realizzavano piccoli capolavori della volontà. In questo caso il regista, primo attore ed animatore fu Pietro Adelendi, ottimo dilettante che avrebbe potuto certamente, seguendo la sua vena artistica, raggiungere ottimi risultanti. Ma aimè anche lui svanì come neve al Sole.
1964 - Teatro Luigi Vaccara - Commedia "San Giovanni decollato"
Pietro Adelendi - Cocò Di Giovanni
Commedia "La patente"
Mario Adelendi, Cocò Di Giovanni, Salvatore Di Giovanni, Pietro Adelendi, Pippo Norrito, Anna Ditta
martedì 8 gennaio 2008
Commedie realizzate da gruppi di appassionati
Forti dell'esperienza maturata nella realizzazione delle commedie di fine anno, alcuni studenti continuarono ad organizzarsi in piccole Associazioni Culturali al fine di proporre un teatro amatoriale che, ad onor del vero, non raggiunse mai grandi livelli. Da allora sino ai giorni nostri questa lodevole ma poco professionale attività si arrampica sugli specchi e continua ad essere prodotta da volenterosi ma poco professionali amanti del teatro. Non si è mai riusciti a realizzare una vera, anche modesta, scuola di Teatro. In passato qualche timido tentativo fu fatto dal regista mazarese Sammartano, che tenne dei seminari, ma tutto si esaurì in breve tempo. Per cui gli spettacoli proposti hanno sempre un sapore "goliardico".
Giovanni Serra, Salvatore Giacalone
Altra Commedia
L'attore regista Salvatore Giacalone
Salvatore Giacalone, durante le prove, con Gianni Casale e Mariassunta Librtucci
Maria Assunta Libertucci, Salvatore Giacalone
Salvatore Giacalone, Gianni Casale, Girolamo Cristaldi
Nicola Cristaldi, Gianni Casale
Nicola Cristaldi, Salvatore Giacalone
Nicola Cristaldi
Salvatore Giacalone, Mariassunta Libertucci, Rossella Sansone, Nicola Cristaldi
Mariassunta Libertucci, Salvatore Giacalone
lunedì 7 gennaio 2008
Commedia L'arte di Giufà di Nino Martoglio
1974 - Salone parrocchiale dell'associazione "Nuova Juventus"
un gruppo di studenti con a capo Francesco Romano, organizzò una recita
Angela Asaro, Roberto Fiorentino, Enzo Serra, Franco Romano, Vita Bellarmino, Paolo Barranca, Enza Marino, Nino Giacalone, Salvino Valenti, Filippo Serra, Vito Incalcaterra, Daniele Anzardi
Diego Majelli (suggeritore)
Paolo Barranca, Franco Romano, Enza Marino, Enzo serra
sabato 5 gennaio 2008
Amiche per le palle
Nell'estate del 1984, presso la Villa di Nico Tirone, la compagnia teatrale amatoriale "Le Lucciole" mette in scena la commedia diallettale in tre atti "Amiche per le palle". Cast d'eccezione: Gaetano e Orazio Barbanera, Peppone Quinci, Enzo Sasso, Egidio Sparacello, Nico Tione, Franco Adamo. Lo spettacolo venne presentato dal sottoscritto (Pino Catalano), assistito da una splendida valletta, Felicetta Parisi.
Felicetta Parisi - Pino Catalano
Egidio Sparacello
Egidio
Egidio
Peppone Quinci - Stefano Grimaudo
Enzo
Egidio Sparacello, Orazio Barbanera, Franco Adamo, Nico Tirone, Stefano Grimaudo
Gaetano Barbanera - Enzo Sasso
Gaetano Barbanera
Enzo Sasso, Peppone, Egidio, Orazio, Stefano
Nico Tirone
Orazio Barbanera
Egidio
Egidio
Peppone - Enzo
Peppone Quinci - Stefano Grimaudo
Nico
Stefano
Gaetano Barbanera - Enzo Sasso
Nico
Enzo Sasso, Peppone, Egidio, Orazio, Stefano
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